CHIUDI

Biografia

Leonardo Devito (Firenze 1997) vive e lavora a Torino. Studia all’Accademia di Belle Arti di Firenze e all’Akademie der Bildenden Künste di Vienna. Nel 2020 si laurea all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Nel 2023 si laurea al biennio di pittura dell’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino.

CONTATTI

Mostre

SOLO

  • → Tired City
    The Artist Room, Londra (UK) 2024

  • → My favourite things
    Galleria Acappella, Napoli (IT) 2023

  • → Piccolo testamento
    The Artist Room, Londra (UK) 2023

  • → Ghost dance
    Osservatorio Futura, Torino (IT) 2023

  • → No title
    Era Gallery, Milano (IT) 2022

  • → I giorni e l’infante
    B.east gallery, Firenze (IT) 2021

  • → 48h
    Palazzo dei Pittori, Accademia di Belle Arti di Firenze, Firenze (IT) 2018

GROUP

  • → Portrait of a Man
    X Museum, Beijing (CN) 2024
  • → After Reminiscences
    Cassina Project, Milano (IT) 2024
  • → Haunted Garden
    The Artist Room, London (UK) 2024
  • → Atelier.it
    Santuario di Ercole Vincitore, Villa D’Este, Tivoli (IT) 2024
  • → Benim adim gravür
    Port Art Gallery, Ankara (TR) 2023
  • → Mostra finalisti Premio Compat XIII ed.
    Museo G. Fattori, Livorno (IT) 2022

  • → Unity wanted volume 2
    Street Levels Gallery, Firenze (IT) 2021

  • → XI Biennale d’incisione
    Mac,n Monsummano Terme (IT) 2019

FIERE

  • → Era Gallery, Investec
    Cape Town Art Fair, Cape Town (ZA) 2023

  • → Galleria Acappella, Artissima Fair, Turin (IT) 2023

Portfolio

DOCUMENTO PDF

GROUP

The Artist Room, Londra (EN)

Curatela: Leonardo Devito

Pittura

18.01.24—17.02.24

Haunted Garden

Il fine della mostra è quello di proporre uno sguardo ad ampio raggio sui giovani pittori italiani formatisi principalmente tra Venezia e Firenze. Penso sia inevitabile vivendo in città come queste non rimanere sterili davanti al patrimonio storico e artistico, non parlo solo dei musei, delle chiese o dei monumenti ma più che altro delle misteriose nostalgie che queste città sanno celare, storie mai vissute e mai viste, visioni vere o immaginarie che si nascondono e sedimentano tra le loro mura, capaci di creare nuovi percorsi e suggestioni legati a una memoria fisica e allo stesso tempo invisibile delle strade, delle piazze e dei luoghi. Gli artisti proposti seppur con ricerche pittoriche molto diverse fanno trapelare dal loro lavoro questa inclinazione al ricordo e alla nostalgia, immagini che hanno bisogno di ricollegarsi alla memoria sia di un vicino presente che di passati remoti e immaginari. Spesso ripescando riferimenti e suggestioni lontanissime. Il titolo stesso della mostra vuole evocare questo: un giardino stregato in cui piante di ogni genere e specie riescono a crescere tra i fantasmi del passato. Come nei lavori di Michele Cesaratto in cui amici e conoscenti dell’artista vengono ritratti in ambientazioni e paesaggi legati ai luoghi d’infanzia dell’artista ma anche memori della pittura del primo Quattrocento italiano, o come nei dipinti di Luca Ceccherini in cui temi e iconografie della pittura del Trecento italiano vengono rappresentati con un linguaggio che porta al limite il confine tra pittura e oggetto rappresentato. O nei lavori di Oxana Tregubova in cui un rapporto sacro e primordiale con la natura viene suggerito con un linguaggio che è memore dell’intimità e dei ricordi personali dell’artista. O come nei lavori di Sofia Massalongo in cui dettagli delicati di gesti e oggetti delle amiche dell’artista assumono attraverso la pittura la sembianze di ricordi lontani semplici e indelebili. O come nei lavori di Miriam Marafioti in cui la città i suoi cambiamenti e le sue sedimentazioni vengono espresse in una pittura di paesaggio che indaga la memoria fisica di luoghi specifici. Il risultato che forse accomuna tutti questi artisti è la creazione di immagini che in fondo rimangono sempre ambigue, non c’è mai nulla di svelato o di esplicitamente “pornografico”, sono immagini reali che cercano di mostrare il nascondiglio di qualcosa di remoto, la memoria di un gesto, di una nostalgia per una giornata particolare o di un mondo lontanissimo appena percepito, in cui facilmente perdiamo di vista il confine tra il reale e magico.

 

Leonardo Devito

SOLO

Galleria Acappella, Napoli (IT)

Curatela: —

Pittura, scultura

16.04.23—05.06.23

My favourite things

«Poche cose, protette da solide mura, o disseminate nell’ampio paesaggio del Vallese, accompagnano Rilke, come lontane e tenaci abitudini. Vivono nella vastità di un paesaggio metaforico e reale intessuto di mille voci che, insieme, sono partecipi di un’unica, potente melodia». Le parole di cui Sabrina Mori Carmignani si serve per introdurre le riflessioni dello scrittore, poeta e drammaturgo Rainer Maria Rilke attorno alla melodia delle cose, quindi alle emozioni, ai significati e alle sensazioni che vi attribuisce, consentono di individuare la relazione che Leonardo Devito intesse con le sue cose preferite, come dichiara il titolo della mostra. Si tratta, come per Rilke, di un rapporto intimo con le cose, termine che identifica non solo gli oggetti ma anche determinate situazioni e atmosfere accordate insieme in una melodia. 

Le opere di Devito intendono restituire il suo legame profondo e solitario con esse, osservate e preservate attentamente nel corso del tempo. La pittura e il bassorilievo non traghettano mai, infatti, atmosfere casuali, al contrario mostrano scenari che hanno radici profonde e lontane, legati alla sua storia personale o a immaginari di cui si sente partecipe, ripresi talvolta dalla letteratura o dall’arte antica, medievale e rinascimentale. Ne è un esempio “Spaghetto a Porta Palazzo”, dipinto calato in un luogo del cuore dell’artista che diviene campo semantico di affetti, memorie, riferimenti puri e sinceri. 

A partire da un immaginario o un soggetto, come il noto mercato torinese, Devito predilige dar vita ad una narrazione spontanea lasciando spazio alla propria immaginazione guidata dalla pittura che progressivamente dilata l’immagine mentale, la trasforma e la esaurisce. Il processo artistico risulta così più sincero e spontaneo per l’artista la cui azione dichiaratamente ludica è compiuta su tele e bassorilievi di piccole e medie dimensioni, necessarie per poter cogliere le sue cose preferite nella loro interezza e semplicità. Il carattere disinteressato e ludico pare divenire, in realtà, un espediente di difesa: porgere le proprie cose dell’affetto può affaticare dal momento che implica estrapolarle da sé e lasciare che vengano guardate da fuori, comprenderle senza soccombere alle stesse. Così, il trasformare la loro restituzione pittorica e scultorea in un momento del gioco lascia affiorare una presa di distanza dell’artista, che lo tutela da eventuali smarrimenti emotivi. Il gioco, non a caso, diviene anche soggetto di differenti opere: ne è un esempio “Gormiti” che, recuperando l’estetica bizantina nella resa spaziale, mette in mostra l’adolescenza inerte dinanzi un’infanzia appena terminata, per la quale si prova nostalgia e al contempo urgenza di distacco. 

L’intento ultimo di Devito non è quello di creare narrazioni concluse, al contrario lasciare che chi osserva completi la lettura dell’opera attraverso la propria posizione di visione che, articolata e complessa, risveglia memorie e sensazioni lontane. 

L’artista ci spinge, quindi, a non lasciar andare le cose con le quali instauriamo una connessione profonda: emblematica, in questo senso, è l’opera “Signori Calabresi”, realizzata a partire dal disegno di una coppia, trovato casualmente, che ha permesso a Devito di far emergere un luogo mentale dell’affetto legato ai nonni, alle lontane origini calabresi, ai colori, all’atmosfera che vi si respira. La sua sensibilità artistica nasce, pertanto, dall’urgenza di restituire il raccolto delle sue cose preferite protette con cura, dapprima delicatamente coltivate.

 

Laura Di Teodoro

SOLO

The Artist Room, Londra (EN)

Curatela: —

Pittura

23.02.23—18.03.23

Piccolo testamento

«Alcune immagini hanno un significato particolare per me; nascono da esperienze personali o da storie lontane nelle quali mi sento coinvolto o con cui entro in relazione. Quando focalizzo un’immagine significati, analogie, contrasti ed elementi complementari iniziano ad emergere, per poi essere scartati o preservati finché tutto diventa perfettamente limpido». — Leonardo Devito

The Artist Room è lieta di presentare la mostra personale di Leonardo Devito (Firenze 1997), la prima mostra dell’artista nel Regno Unito e all’estero. Accordando allegorie autobiografiche con interessi relativi alla religione e alla letteratura, le opere di Devito nascono da narrazioni avvincenti ideate dall’artista, spesso esplorate attraverso serie di dipinti. Le opere in Piccolo Testamento presentano la storia degli ultimi giorni edonistici trascorsi da un giovane adolescente in fuga in Italia. 

Al centro dell’interesse pittorico di Devito vi è il potenziale narrativo delle immagini. Ispirato dalla cultura medievale-cristiana e rinascimentale, nelle quali la creazione di immagini religiose era necessaria per comunicare le Sacre Scritture a un pubblico spesso analfabeta, Devito cerca di riattivare tale capacità peculiare della pittura per traghettare elementi allegorici e moralistici. Di frequente l’artista prende in prestito elementi compositivi propri di artisti precontemporanei, riflettendo su come alcuni eventi storici o favole possano essere assorbiti in termini attuali. 

Piccolo Testamento ha inizio con “Prima volta”, un dipinto che rappresenta la prima esperienza di intimità erotica di una giovane coppia. In un presunto stato di euforia e beatitudine, la testa della figura maschile levita lontano dal proprio corpo. In “Pickpockets” la stessa figura, in un’aura apparentemente più tranquilla, è colta nel momento in cui con un amico sta borseggiando un individuo, assente dall’inquadratura, di notte all’interno di una città di mare. In “Caccia” tre cani danno la caccia ai ragazzi in una campagna, mentre i due agenti di polizia che li controllano svaniscono dietro, nei boschi lontani. Nel frattempo, in “Sleeping Thieves” le figure riposano accanto a un cespuglio circondato da insetti spettrali e lucertole.
L’albero al centro del dipinto “Caccia” è visibile in lontananza, a indicare che la polizia è vicina e l’arresto appare imminente. Prima di essere catturato il ragazzo fa un sogno. A tal proposito, “Sogno di un prigioniero” raffigura un cavaliere che appare per salvarlo sconfiggendo un’idra a più teste, posta a guardia delle mura della prigione che lo avrebbe atteso, visibile in lontananza. La struttura del quadro fa riferimento a “Ercole e l’Idra”, un dipinto a tempera su tavola di Antonio del Pollaiolo, ospitato nella Galleria degli Uffizi di Firenze e a San Giorgio e il Drago (1502) di Vittore Carpaccio presso la Scuola di San Giorgio degli Schiavoni di Venezia. “Esecuzione”, l’ultimo dipinto in mostra, prende posto sul lato opposto della parete così come “Sogno di un prigioniero”. In quest’opera il protagonista viene giustiziato da un plotone di esecuzione della polizia, mettendo così fine alla sua fuga. Da un punto di vista strutturale l’opera inverte il dipinto di Édouard Manet “L’esecuzione dell’imperatore Massimiliano” scambiando la posizione del protagonista e di coloro che lo inseguono. A rappresentare la sua morte definitiva vi sono tre piccoli fiori che emergono dal suolo, con il loro colore vivido che riecheggia la vasta montagna rossa visibile all’orizzonte. Se da un lato le opere in mostra possono essere intese come una narrazione unitaria, dall’altra Devito sottolinea come ogni quadro possa essere interpretato individualmente. «Ogni dipinto è una storia incompiuta che lascia allo spettatore la libertà di evocare una particolare narrazione» spiega l’artista. «Allo stesso modo con cui la scrittura nei libri ci lascia la facoltà di creare immagini a seconda di chi siamo». Così nella sua pratica l’artista cerca di relazionare due linguaggi (la scrittura e la pittura) estraendo alcune immagini che preservano determinate peculiarità al fine di definire un certo contesto, «Un’atmosfera e una narrazione non dissimili da quelle proprie della letteratura».

Nell’approcciare il proprio lavoro Devito attinge da varie fonti: i cicli di affreschi italiani del XV secolo; l’atmosfera onirica dei romanzi di Franz Kafka come “Il processo” e “Il castello”, le storie di scrittori italiani come Italo Calvino e Dino Buzzati, la pratica dell’artista americano solitario Henry Darger. I mondi complessi di Devito, che integrano caratteri idiosincratici e riconoscibili (spesso situati in ambienti oscuri e drammatici) sono carichi di simboli e parabole significative tratte dai tempi più antichi sino a quelli contemporanei. Nelle vesti di una storia di maturità individuale, le opere in Piccolo Testamento raccontano una saga familiare, di fiducia che causa conflitto e di quella spirale discendente che conduce a perdersi nel proprio ego. 

 

Laurie Barron

SOLO

Osservatorio Futura, Torino (IT)

Curatela: Federico Palumbo

Scultura

19.01.23—20.02.23

Ghost dance

L’ idea della mostra è nata dalla proposta e dal confronto con Osservatorio Futura: spazio indipendente situato nel quartiere San Donato a Torino. Partendo dal presupposto che lo spazio non ha finalità commerciali è nata l’ idea di proporre un lavoro site-specific, con la possibilità quindi di utilizzare medium e modalità di lavoro che di solito non adotto in pittura. Il lavoro proposto dal nome Ghost dance si compone infatti di otto sculture concepite appositamente per lo spazio espositivo, nate con la finalità di creare un’immagine unica. Rappresenta infatti una danza-orazione di un gruppo di fantasmi intorno a un ragazzo disteso per terra. Il senso dell’immagine non è chiaro, si potrebbe trattare di un gruppo di fantasmi in orazione su un ragazzo morto come di una serie di presenze che disturbano una persona nel sonno, su questo aspetto preferivo lasciare il significato ultimo del lavoro indefinito. Essendo lo spazio espositivo composto da un’unica stanza mi interessava proporre un’immagine dal gusto scenico e avvolgente, ho infatti usato idealmente come referenza alcuni gruppi scultorei Quattrocenteschi di scuola Emiliana, primo fra tutti il “Compianto sul Cristo Morto” di Niccolò dell’Arca nella chiesa di Santa Maria della Vita a Bologna.

Quando creo un’immagine mi interessa sempre ragionare a posteriori sul perché ho scelto un determinato soggetto e sul perché l’ho ritenuto particolarmente suggestivo. Diciamo che il tema della morte mi interessa molto specialmente nel suo rapporto con le arti visive e con l’ immagine in generale. Il tema della morte è di fatto intrinseco al linguaggio fotografico: qualsiasi immagine è presenza di un’assenza, e ciò trova la sua massima espressione nelle immagini di persone defunte, che sono rappresentazioni di figure definitivamente assenti nello spazio e nel tempo in cui vengono realizzate. Già nell’antico Egitto il defunto scambiava idealmente il suo corpo fisico e terreno con quello imperituro del ritratto o della maschera funeraria, processo costantemente perpetuato dal rapporto tra le arti visive e i riti funebri. Così, l’immagine diviene rappresentazione e al contempo fantasma dell’oggetto rappresentato e, in questo senso, la scultura del ragazzo segnala contemporaneamente la sua presenza e assenza accolto con una danza dal mondo dell’Altrove.

 

Leonardo Devito

IT